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IL CASO GHIBLI: L’ULTIMO FILM DI MIYAZAKI USCITO SENZA ALCUNA PROMOZIONE

Quest’estate in Giappone i cinema hanno accolto il nuovo film del regista Premio Oscar Hayao Miyazaki, conosciuto finora come “How do you live?” e adesso col titolo ufficiale inglese “The Boy and the Heron”. Questo dopo un’attesa che pareva non finire mai, visto che i lavori sulla pellicola iniziarono nel 2016; d’altronde, il maestro Miyazaki ha dichiarato più di una volta di ritirarsi, per poi ritornare con una nuova opera incantando tutto il suo pubblico, e già questo aspetto avrebbe potuto essere più che sufficiente per molti fan per correre in sala.

In effetti pare che la pensasse così anche il reparto marketing dello Studio Ghibli, che non ha fatto alcuna campagna di promozione e PR per “The Boy and the Heron”, al contrario di molti altri titoli che hanno portato al successo internazionale la casa di produzione fondata da Miyazaki con Isao Takahata, Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma. Nessun trailer, nessuna sinossi, nessun cast rivelato, nessuna collaborazione. A cosa è dovuta questa scelta? Suzuki, conosciutissimo in Giappone al pari del suo co-fondatore, è la mente dietro molte delle campagne promozionali di film dello studio quali “Il mio vicino Totoro” e “Principessa Mononoke”, perle riproposte già su Netflix insieme a tutti gli altri lungometraggi Ghibli, e di recente nei cinema italiani. Proprio Suzuki ha dichiarato: “Durante questi anni, abbiamo fatto molte azioni per portare le persone a vedere i nostri film, ma stavolta ho pensato ‘Non c’è gusto a fare le stesse cose ancora e ancora, perciò basta’”.

In realtà, questa strategia non è nuova per Suzuki: avvenne qualcosa di simile con “Il castello errante di Howl”, di cui si seppe pochissimo fino alla sua uscita nel 2004. Pare che Miyazaki, a suo tempo, si lamentasse del fatto che il successo di film precedenti come “La città incantata” venisse attribuito più al marketing che alle qualità della pellicola. Chi conosce un minimo il regista, saprà che si tratta di un uomo molto duro con sé stesso e con l’industria cinematografica, ma è oggettivo il merito che si riconosce ai suoi lavori e lo conferma non solo l’Oscar vinto proprio per “La città incantata” e il successo de “Il castello errante di Howl”, ma anche questa nuova occasione.

Suzuki ha deciso che questo era il film adatto per astenersi da qualsiasi forma promozionale e costringere allora giornalisti, recensori e media in generale a guardarlo senza preparazione alcuna. E la scelta è stata, a quanto pare, azzeccata, perché gli articoli usciti finora sono entusiasti e cercano di analizzare il film nel suo insieme, senza essere condizionati da teaser e dichiarazioni di chi lo ha prodotto. Senza contare, da un lato più pragmatico, i risultati al botteghino: secondo ComScore, il nuovo film di Miyazaki ha raccolto nel suo primo weekend 13.2 milioni di dollari, superando qualsiasi altro film dello studio. Chissà quale sarà il risultato una volta che il film verrà distribuito in tutto il mondo.

 

COME SI PROMUOVONO I PRODOTTI D’INTRATTENIMENTO

Visti gli effetti, ciò che bisognerebbe chiedersi è se la strategia di Suzuki sia replicabile, non solo per la distribuzione di un film ma magari anche per altri settori dell’intrattenimento, come serie tv, videogiochi e così via. Non fare assolutamente PR, in questo caso, ha fatto sì che si parlasse forse ancora di più del prodotto, ma si trattava pur sempre di un film Ghibli, con una base estremamente solida di fan cresciuta costantemente negli anni, nonostante la distribuzione fosse a lungo affidata solo all’home video.

Il mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento attuale si sviluppa soprattutto attraverso i servizi streaming ed è fatto di persone, oggi ancora di più con la nascita e lo sviluppo di figure ora praticamente imprescindibili come gli influencer. Pur nascendo sui social, non è un caso che successivamente entrino almeno in parte in altri settori come la tv, il cinema, ma anche altre declinazioni artistiche come i videogiochi o i fumetti. La loro presenza, così come quella di altre personalità dai vari ruoli (attori, registi, sceneggiatori, doppiatori…) fa parte di un ecosistema che si basa proprio sulle relazioni e collaborazioni fra individui e brand.

Per questo l’influencer marketing è diventato un pilastro del marketing digitale moderno: coinvolgere influencer con un vasto seguito di fan può aiutare a creare interesse e consapevolezza per il prodotto: le loro recensioni e opinioni possono determinare positivamente la percezione del pubblico, coì come il racconto della loro esperienza a un evento dedicato, come la prima di un film, una convention, sessioni di Q&A… In alcuni casi si possono coinvolgere gli influencer anche nel processo creativo, chiedendo loro di partecipare mostrando backstage e curiosità che possano aumentare ulteriormente l’entusiasmo dei fan e conquistarne altri per il brand tra i propri follower.

Le partnership o sponsorizzazioni di aziende, in questo senso, possono ampliare notevolmente la visibilità di un prodotto di intrattenimento, perfino quando si potrebbe pensare che non serva: per rimanere in ambito giapponese, sono innumerevoli le collaborazioni che uniscono manga e anime a catene di negozi, servizi, brand d’abbigliamento o cibo preconfezionato, si può dire siano una pratica standard del marketing giapponese. Lo stesso Suzuki creò campagne simili per altri film dello studio Ghibli, come “Kiki Consegne a Domicilio”, creando una partnership con la Yamato Transport che si occupa proprio di consegne e che, tra l’altro, ha un gatto nero nel logo come quello presente nel film.

Anche in Europa sono giunte partnership simili, specialmente nel campo dell’abbigliamento. Sul fronte occidentale, però, un esempio calzante è il caso del film “Star Wars: Il risveglio della Forza”, che ha collaborato con numerose marche per lanciare una vasta gamma di prodotti a tema, coinvolgendo i fan dentro e fuori dal cinema. Un altro espediente promozionale è la creazione di esperienze interattive per il pubblico, che possono rivelarsi un approccio molto efficace. Ad esempio, il film “It” ha creato una campagna di marketing virale attraverso spettacoli di guerrilla marketing con palloncini rossi in diverse città, ispirato al personaggio del Pagliaccio. Questa iniziativa ha attirato l’attenzione dei passanti, che hanno condiviso le immagini online, generando un buzz positivo attorno a una storia. Lo stesso è valso per Stranger Things e il suo pop up store a Milano, per rivivere momenti clou della serie in una location allestita appositamente con le sue ambientazioni anni 80 più iconiche, in cui si è giocato non solo sulle atmosfere della serie ma anche sul puro effetto nostalgia.

 

È DAVVERO POSSIBILE NON FARE PROMOZIONE PER UN PRODOTTO?

Nella maggior parte dei casi, è evidente che la risposta sia no. Perfino un’icona pop come Barbie, con l’uscita del film live action, è stata oggetto di una campagna di marketing di scala mondiale, costata più del film stesso e che vedeva coinvolti diversi media: dai filtri e i meme sui social alle linee di abbigliamento e cosmetici, fino addirittura a iniziative come quella per visitare la Dream House della bambola a Malibù o far sì che Margot Robbie, l’attrice protagonista, rimanesse nel personaggio anche durante il tour di promozione. Un’esperienza totale “da Barbie”, anche fuori dalla sua dimensione di giocattolo (che poi è ciò che avviene letteralmente anche nella trama del film).

Perfino per il suo “rivale”, “Oppenheimer”, film uscito nello stesso momento che puntava soprattutto sulla regia di Nolan per la sua promozione, dal suo annuncio vive quasi di luce riflessa, grazie al contrasto naturale tra le rispettive atmosfere.

La promozione di un lungometraggio, così come di ogni altro prodotto di intrattenimento, è quindi una combinazione di creatività, strategia e utilizzo (o anche non-utilizzo, come abbiamo visto all’inizio) intelligente delle risorse disponibili. Tutto sta nel sfruttarle insieme alla passione per la storia che si sta raccontando.

Combinare l’esperienza reale a quella del film ha maggiori possibilità di raggiungere il pubblico desiderato e diventare un successo sia al botteghino che nella cultura popolare, oltre a contribuire a quello dei partner coinvolti. Nel 99,9% dei casi ciò è possibile solo con un piano di PR e marketing strutturato da principio, che possa poi essere adattato anche in base alla risposta del pubblico rispetto ciascun film. E chissà che non sia d’aiuto anche per ritrovare il piacere di andare in sala per vederli tutti.