sovraesposizione mediatica sos digital prCome superare la sovraesposizione mediatica e farsi notare

Nell’era digitale, l’informazione viaggia a velocità supersonica. Un fiume in piena di notizie, aggiornamenti, immagini e video travolge ogni giorno chi legge le news e chi le riceve e deve filtrarle. Distinguere il reale dal fake, l’importante dal banale è sempre più difficile e, in questo contesto, la sovraesposizione mediatica diventa un ostacolo insidioso nel fare un’opera di selezione e riconoscere le vere notizie, emergere e farsi ascoltare.

Come farsi strada in questa ondata costante di informazioni senza venirne sommersi, che si parli di normali fruitori o di aziende e professionisti che devono diffondere una notizia?

COS’È LA SOVRAESPOSIZIONE MEDIATICA?

La sovraesposizione mediatica si verifica quando un individuo, un’azienda o un argomento sono così ampiamente presenti sui canali mediatici che rischiano di diventare inascoltati o ignorati dal pubblico. Questo fenomeno è spesso il risultato di una saturazione di contenuti, dove le persone si sentono sopraffatte da una quantità eccessiva di informazioni. Se l’audience viene bombardata da un eccesso di informazioni su un determinato argomento o evento, questo può portare a disorientamento, apatia e, in ultima analisi, disinteresse.

In alternativa, può anche accadere il contrario: si crede a qualunque cosa si legga, senta o veda, a dispetto di qualsiasi credibilità e veridicità delle informazioni riportate. L’analfabetismo funzionale (l’ultima ricerca Piaac-Ocse risalente al 2019 dichiara essere al 28% in Italia) e il bisogno di sentirsi parte di un gruppo dimostrando di “essere informati” sono le due principali cause di questa seconda conseguenza della sovraesposizione mediatica, che avviene soprattutto consumando i rapidissimi contenuti social senza effettuare alcuna verifica. E non importa quanto uno contraddica quello precedente, nella mente dell’utente si sarà formata un’idea che spetterebbe dapprima a un buon comunicatore fornire nel modo corretto.

Anche per questo sono nate testate che si dedicano proprio al fact-checking e tra i vari tipi di articoli stanno crescendo sempre di più quelli data-driven, con dati e fonti ben esplicitati per supportare le notizie. Queste, oltre a derivare dal lavoro sul campo, spesso raggiungono direttamente la redazione di una testata tramite le email.

COME EMERGERE E DISTINGUERSI

Le caselle di posta elettronica sono sommerse da comunicati stampa di ogni genere: secondo la ricerca svolta nel 2023 da Mediaddress, il 40% dei giornalisti riceve anche più di 50 comunicati al giorno. Impossibili da gestire tutti, soprattutto se 4 su 5 si rivelano fuori dall’area di competenza del giornalista (o perfino della testata).

Sarà quindi compito del responsabile di Media Relations fare in modo che il comunicato stampa venga letto dal giornalista e poi risulti abbastanza interessante da essere pubblicato.

Alcune buone norme generali per raggiungere la casella di posta di un giornalista sono:

  • Per ogni comunicato, va creata una lista di contatti specifica: se si possono tenere quasi sempre in considerazione le testate generaliste, certamente non invieremo un comunicato su un nuovo prodotto di cosmesi per combattere l’invecchiamento a testate che trattano solo il settore agro-alimentare o lo sport.
  • Non inviare comunicati o in generale mail a un giornalista al venerdì o nel weekend: non verranno lette. Piuttosto, è meglio inviarle il lunedì mattina presto, così che risultino in cima alla casella ed essere aperte per prime.
  • Mettere sempre un oggetto che dia subito la notizia: dimenticarlo sarebbe un errore madornale a prescindere, ma in questo caso serve anche a dare subito un input al giornalista che, se interessato al tema, aprirà la mail.
  • Inoltrare un’altra mail con il comunicato non è mai una buona idea: a ogni contatto va inviata una dedicata e personalizzata.
  • Allegare sempre il materiale a corredo nel giusto formato: foto o video, se sono troppo pesanti, è meglio inserirli in una cartella in cloud da linkare, mentre i file di testo devono essere .doc di Word, per consentire l’apertura senza difficoltà.

Poste queste condizioni primarie, la prima definizione di “notizia” che fornisce Treccani è la seguente: “Conoscenza, come acquisizione o possesso di una cognizione, relativamente a cose, fatti o persone”. Ciò significa che, da una notizia, il lettore deve trarre qualcosa di nuovo che amplii le sue conoscenze di un determinato argomento e che lo spinga ad approfondire in autonomia.

L’era del “taglia e cuci” è tramontata. Per emergere, è fondamentale adattare il proprio messaggio alle specificità del target di riferimento e fornire un messaggio già pronto, che susciti spunti di riflessione mentre si legge. Conoscere il proprio pubblico, comprenderne le esigenze e gli interessi permette allora di creare contenuti su misura, capaci di intercettare in modo preciso la loro attenzione.

Cosa rende notiziabile (e dunque condivisibile e pubblicabile) una notizia? Innanzitutto, la risposta alle classiche 5W (Who, What, When, Where, Why), una regola che vale sempre e comunque, poiché proprio la sua assenza può spingere a scartare un comunicato.

A queste risposte, vanno però affiancate caratteristiche particolari: può essere la tempestività con cui si è manifestata la notizia, il suo impatto nel settore, un particolare che la rende innovativa o semplicemente “strana” rispetto alla normalità. Questi aspetti vanno messi subito in primo piano, con un valore aggiunto che eviti che la notizia sembri solo autoreferenziale, troppo pubblicitaria o esagerata. Ecco un altro motivo per inserire dati: donano oggettività alla news e allo stesso tempo le conferiscono autorevolezza, specialmente se sono anche molto attuali. Il newsjacking, infatti, è una delle tecniche più efficaci per diffondere una novità in modo meno estemporaneo e renderla più interessante per i lettori così come per il giornalista che la valuterà.

Titolo e attacco devono essere incisivi, essenziali, per consentire lo sviluppo della notizia nei paragrafi successivi aggiungendo dettagli su contesto, background, persone coinvolte. Tali informazioni vanno rese il più fruibili possibile, quindi i paragrafi vanno ben separati e si possono evidenziare alcune parole significative che conducano la logica della notizia a colpo d’occhio.

Visto poi l’obiettivo finale detto in precedenza, ovvero l’approfondimento autonomo, è meglio che il comunicato sia di media lunghezza (una pagina sarebbe già sufficiente) e che vi siano i dovuti link a ulteriori fonti o risorse utili. In particolare, il giornalista, sempre secondo quanto riportato dalla ricerca di Mediaddress, considera molto utili i contatti dell’ufficio stampa da inserire alla fine del comunicato così come nella email di pitch.

La sovraesposizione mediatica, già solo sulla base di questi elementi, presenta sfide significative per coloro che cercano di farsi notare, sia online che offline. Visto il crescente volume di notizie, saranno soprattutto valori relazionali quali costanza, fiducia e affidabilità, a fare la differenza per orientarsi in quanto lettori e farsi ascoltare da professionisti nel panorama mediatico odierno. I punti chiave su cui concentrarsi, poi, ruoteranno intorno all’unicità: personalizzazione, autenticità, storytelling e dati oggettivi.

In definitiva, il futuro della comunicazione risiede nella sinergia tra l’innovazione tecnologica e l’intelligenza umana e i professionisti di PR che sapranno sfruttare al meglio questa combinazione saranno i più preparati ad affrontare le sfide del panorama mediatico in continua evoluzione.