Sempre più spesso si sente parlare di Media Intelligence. Ma cosa è esattamente? Quale è la differenza con il Media Monitoring? E’ utile nelle strategie di Comunicazione o di Marketing?
In un articolo scritto per l’Harvard Business Review, pubblicato nel mese di aprile, (scaricabile qui) ho cercato di rispondere a tali quesiti.
In questo blog ne pubblico comunque una versione riadattata.
Cos’è la Media Intelligence? Riguarda la Comunicazione o il Marketing?
Sempre più spesso si sente parlare di intelligence applicata al mondo degli affari, di quella scienza che permette di analizzare la propria organizzazione e il relativo settore di competenza, per poi programmare al meglio il futuro.
Un servizio di intelligence si occupa quindi della raccolta, dell’elaborazione e dell’analisi di informazioni, e della conseguente fornitura di linee guida per una più efficace gestione delle stesse, e se al concetto di informazione accostiamo quello più comune, ovvero quello di informazione giornalistica, riusciamo a comprendere meglio che cosa è e che cosa fa la Media Intelligence.
Questo potrebbe far pensare che tale scienza sia più affine al mondo della comunicazione, degli uffici stampa, e non del Marketing, ma non è così. Nel primo caso si monitorano i media per verificarne l’impatto sull’immagine aziendale, nel secondo si analizzano per comprendere il mercato.
Oggi, grazie ai social media è possibile fare questa analisi in maniera ancora più approfondita, in quanto si è aggiunta un’informazione che mancava: quella proveniente dagli utenti, dalle persone, che forniscono indicazioni dirette sui loro acquisti, su cosa pensano, dove vivono, cosa fanno nel tempo libero, ecc. senza alcuna intermediazione, in modo naturale, senza passare da sondaggi o ricerche di mercato precostruiti.
Quindi la Media Intelligence, in quanto leva strategica, riguarda le modalità di osservazione e analisi applicate a tutte le fonti di informazione (carta, tv, radio, web, social) tramite tre chiavi interpretative principali: stampa, concorrenti e clienti.
La Media Intelligence osserva e analizza tutte le fonti di informazione tramite tre chiavi interpretative: stampa, concorrenti e clienti
Solo esaminando quanto e come viene riferito da questi tre pubblici che si possono comprendere in maniera esaustiva il posizionamento della propria azienda, come giornalisti e blogger ne parlano, cosa fanno i competitor e cosa pensano e fanno le persone.
L’Intelligence propone veri e propri benefici funzionali al marketing in quanto fornisce quei dati tramite i quali si possono offrire ai clienti quelle interazioni che non erano possibili in precedenza. I consumatori riescono così a vivere esperienze migliori, soddisfano bisogni diversificati e si sentono meno invasi dalle offerte, perché quest’ultime sono state “suggerite” dagli stessi.
Per quanto concerne la comunicazione, è possibile ricevere degli indicatori relativi alla presenza di messaggi chiave negli articoli, nei post, nei servizi, nei commenti, consentendo di comprendere la capacità dei diversi interlocutori di recepire e veicolare quanto comunicato. Inoltre, è anche possibile sintetizzare il rapporto con i media dal punto di vista della prolificità, del tono e degli argomenti trattati.
Per mettere in pratica questa attività è necessario dotarsi di strumenti di ascolto, monitoraggio e analisi professionali, oltre ad avere a disposizione analisti in grado di istruirli per la raccolta dei dati tramite delle queries, ma soprattutto in grado di interpretare i risultati e rappresentare i dati finali in report funzionali affinché si agisca all’interno dell’organizzazione definendo strategie e tattiche.
I report possono riguardare, ad esempio, il proprio posizionamento nello share of voice, l’exposure, le news, quali sono i trend per ogni singolo media analizzato, quale è la rilevanza degli autori, quali sono i principali articoli o post, quale è il sentiment dei discorsi effettuati dagli utenti o dai media, ecc.
Questo lavoro di information retrieval è sofisticato e non tutti i tools o agenzie, a cui si demandano tali report, sono in grado di restituire gli stessi risultati, soprattutto per quanto riguarda i social, dove la mole di informazioni è così enorme che determinare quali siano quelle rilevanti e che meritano di essere analizzate diviene fondamentale.
Una delle tecniche più complesse nella Media Intelligence infatti è proprio quello di separare i segnali di interesse dal rumore di fondo, in quanto quest’ultimo, in termini di ridondanza delle informazioni, potrebbe condurre a tendenze fuorvianti.
Da evidenziare, inoltre, che ai dati già disponibili si aggiungeranno anche quelli dell’Internet of Things, ovvero degli oggetti, indossabili o meno, collegati alla Rete, che stanno iniziando a far parte della nostra vita; gli account social saranno presto coinvolti in questa interazione con gli oggetti connessi, i quali comunicheranno informazioni aggiuntive, che produrranno ulteriore rumore.
In effetti, ciò che è utile non sono tutte le informazioni, ma le più significative, e che quanto vi si ricavi dia poi un alto valore al processo decisionale del management. Ed è proprio questo che distingue un’attività di monitoring da una di Intelligence, diventando così la seconda una grande opportunità sia per la comunicazione, che per il marketing.
Enzo Rimedio