declino organico social sos digital prCome contrastare il declino organico sui social media

Con l’evoluzione degli algoritmi e la costante competizione per l’attenzione degli utenti, molte aziende si trovano di fronte a un calo importante della copertura e dell’engagement organici sui propri canali social. Le pubblicità a pagamento, incoraggiate dalle piattaforme stesse che cercano di aumentare anche i propri guadagni, sono dunque diventate la soluzione considerata più semplice per raggiungere il proprio pubblico. Tuttavia, perché non riconsiderare l’organico come buona fonte di engagement e, in secondo luogo, di vendita?

COME E PERCHÉ SI È GIUNTI A QUESTA SITUAZIONE

Le cause sono diverse e forse ancora non sono state individuate tutte o comprese a sufficienza, ma sta di fatto che i professionisti che lavorano con i social media stanno cercando di correre ai ripari e di individuare strategie ed elementi che possano arginare questa problematica, soprattutto nei casi in cui il budget per l’advertisement è poco o nullo.

È importante ricordare innanzitutto che, come in altre fasi dello sviluppo di queste piattaforme, anche adesso si va per tentativi e non esistono formule vere e proprie per “rompere l’algoritmo”: i fattori che influenzano il successo o meno di un profilo (e quindi potenzialmente le vendite di un brand) sono tanti e diversi caso per caso, dunque la misurazione dei dati è la prima attività da non dimenticare né sottovalutare.

Gli algoritmi, in quanto tali, sono in continua evoluzione: tra aggiornamenti, migliorie e modifiche sostanziali, non si può fare affidamento solo sul loro funzionamento (che rimarrà comunque sempre avvolto in parte dal mistero, nonostante dichiarazioni e rivelazioni come quelle fatte in varie occasioni da Mosseri riguardo Instagram).

In parte per inseguire suddetti algoritmi, in parte per via dell’aumento spropositato della concorrenza, i social media si sono riempiti di contenuti e gli utenti sono diventati sempre più selettivi in ciò che consumano. Secondo una ricerca recente di Deloitte, ad esempio, è emerso che il 60% della Gen Z preferisce contenuti creati da altri utenti perché vuole evitare la scelta tra le mille opzioni che invece richiedono piattaforme come quelle di streaming. Scorrere i video di TikTok è effettivamente molto più semplice e rapido, anche se porta spesso a un doom-scrolling fine a sé stesso.

Catturare l’attenzione, in tal caso, diventa allora lo scopo principale di qualsiasi video o carosello, per cui nascono anche ulteriori contenuti sui migliori “ganci” da usare e trend dalla vita più o meno breve, che utilizzano la stessa canzone o le stesse modalità: uno dei più recenti che unisce entrambe le cose è il tipo di video “Sono un… è ovvio che…”, un modo diverso e ironico di presentarsi, certo, che però è probabile non porti ad altro, a meno che non si abbia già una community molto attiva.

SU COSA È NECESSARIO FOCALIZZARSI

Sicuramente fare affidamento su una community può aumentare le possibilità di risollevare l’engagement, ma prima ancora andrebbe studiata una strategia che permetta di farla nascere e crescere.

La qualità emerge come elemento chiave per conquistare l’attenzione degli utenti. Le aziende e i liberi professionisti dovrebbero concentrarsi sulla creazione di contenuti originali e coinvolgenti, che non si limitino a copiarne altri tutti uguali, ma siano in grado di suscitare un’emozione, una reazione o risolvere un problema per il pubblico di riferimento.

E infatti, se vogliamo prendere a riferimento l’algoritmo attuale, vengono premiati in diffusione e visibilità i contenuti con maggior tempo di permanenza e salvataggi. Like e visualizzazioni sono sempre più considerabili vanity metrics perfino dai social media stessi, esattamente come il numero di follower che ormai è stato abbastanza sdoganato quanto a importanza nella misurazione di successo di un profilo.

Quali sono le domande che ci si dovrebbe porre nel rendere un profilo rilevante, seguito e con interazioni:

  • Qual è il motivo per il quale potrei essere attratto da questo contenuto?
  • Quali elementi specifici catturano l’interesse? Forse la colonna sonora, l’aspetto visivo o magari il gancio iniziale?
  • Quali termini vengono impiegati per creare un effetto di richiamo? Quanto tempo impiega questo a manifestarsi?
  • Per quale ragione non presterei attenzione a questo contenuto se dovesse apparirmi nel feed?
  • Quali aspetti di questo contenuto mi indurrebbero a passare oltre?

Per avere un pubblico che interagisce sul serio bisogna porsi queste domande già mentre si usano i social media a propria volta in veste di utenti. Il formato video è certamente quello più efficace, che sia montato a regola d’arte oppure spontaneo e asciutto (come nel caso di molti TikTok). Bisogna chiedersi allora se pone enfasi su un problema, una storia o un fattore nel modo corretto, magari anche sfruttando altri elementi interattivi come sondaggi, Q&A, challenge e contest. In questi casi spesso l’engagement organico viene tutto sommato da sé. Tuttavia, rimane fondamentale anche fare A/B testing e capire quali versioni di contenuto sono le più apprezzate, badando a ogni singolo aspetto, compresi gli hashtag che rimangono uno strumento utile per classificare il contenuto, diffonderlo e attirare nuovo pubblico interessato.

Oltre alla community classica, che comunque va gestita e controllata da un community manager, anche creare una rete di relazioni può portare nuovo pubblico e nuove interazioni. Soprattutto sfruttando feature come le collaborazioni, i duetti o gli stitch, è ancora più facile fare real time marketing ed entrare in contatto con brand, creator, influencer con cui si può stabilire un dialogo o anche vere e proprie partnership, secondo una strategia di PR che tenga conto dei punti di forza dei profili coinvolti. Sempre suo compito è quello di rispondere a commenti e messaggi, per mostrare così attenzione e cura verso la community e i suoi bisogni.

Altro aspetto che spesso viene trascurato, infine, è la diversificazione della propria presenza online. Un sito web curato, un blog aggiornato e una newsletter efficace possono contribuire a creare un ecosistema digitale in grado di attrarre e fidelizzare un pubblico di utenti interessati, che potranno poi scegliere di seguire eventualmente anche i canali social. Se ci si concentra solo su questi, in ogni caso, è bene scegliere con cura su quali essere attivi, preparando per ciascuno il formato corretto per tipo e dimensione (altro dettaglio che, se scorretto, può allontanare l’utente).

Sicuramente uno dei social più trascurati ma utili per generare traffico e potenziali interazioni è Pinterest: può regalare diverse soddisfazioni in quanto il suo funzionamento è molto diverso dalle piattaforme più usate in Italia.

SCEGLIERE SEMPRE E SOLO “WALT DISNEY HOME VIDEO”

L’iconico disclaimer delle videocassette della casa di produzione americana voleva non solo scoraggiare la pirateria, ma anche rafforzare negli spettatori una percezione positiva dei propri prodotti in quanto fatti proprio da Disney e da nessun altro eguagliabili.

Lo stesso deve valere per i contenuti organici e la propria presenza online. Addirittura c’è chi a un certo punto non deve nemmeno più sforzarsi di fare contenuti studiati in ogni aspetto: in questi casi si tratta infatti di forte carisma e reputazione, entrambe qualità che si acquisiscono solo col tempo e rimanendo fedeli a sé stessi e a ciò che si vuole davvero trasmettere.

Spesso queste caratteristiche emergono grazie a ulteriori forme di interazione come dirette e live streaming, che creano un senso di immediatezza e, per loro natura, autenticità. Non è raro, poi, che siano gli utenti stessi a generare contenuti che danno visibilità al brand o al creator, che dovrebbero dunque incoraggiare questi User-Generated Content (mantenendo comunque un certo controllo sulla situazione, per arginare possibili crisi).

Il declino dell’organico perciò non è da vedere come una condanna all’invisibilità o alla spesa costante in ads, ma semmai come un’occasione per ripensare il ruolo dei social media nella comunicazione di un’azienda o del proprio personal brand. Un invito a privilegiare la qualità sulla quantità, a coltivare relazioni e a comunicare con i propri contenuti, ancor prima di vendere, stabilendo una presenza online significativa e duratura.