community manager sos digital prPerché un brand deve avere un community manager

Il community management è un aspetto ancora sottovalutato da alcuni brand e influencer con grandi numeri, i cui profili sono in molti casi colmi di commenti non gestiti, che possono sfociare anche in discussioni dall’impatto negativo. Più un gruppo di persone aumenta di dimensione, più sarà difficile tenerne sotto controllo le azioni, ma sarebbe controproducente non prendere provvedimenti efficaci per gestirle in momenti critici ma anche per ottenerne risvolti positivi, per raggiungere obiettivi comuni insieme.

Secondo Treccani, una community è “un insieme di persone che, mosse dal comune interesse nei confronti di un argomento, condividono informazioni su di esso sfruttando vari strumenti che la tecnologia mette loro a disposizione”. Sui social media, una community si forma sulla base delle cosiddette 4C: Contenuti, Contesto, Connessione e Continuità. Ma se questi sono gli elementi per crearla, dopo bisogna anche mantenerla, curarla, non abbandonarla.

I BENEFICI DI UNA COMMUNITY

Esistono diversi tipi di community, ma che siano legate a un brand, a un professionista o a un argomento specifico, una volta nate e seguite con costanza, possono portare a dei vantaggi a breve e lungo termine non indifferenti per entrambe le parti.

Aumentare la brand awareness

La community diventa, di fatto, un cassa di risonanza per il brand, favorendo la diffusione dei messaggi chiave di quest’ultimo attraverso la condivisione e il passaparola online.

Raccontare la storia dell’azienda, i suoi valori e la sua mission farà sì che il pubblico crei un legame emotivo profondo e duraturo ed è anche grazie alle interazioni naturali generate dai contenuti spontanei che la brand awareness potrà rafforzarsi e consentire di posizionarsi come esperti del settore: possono essere determinanti, infatti, gli UGC, User Generated Content, creati dalla community stessa con i prodotti o i servizi dell’azienda, mettendola in risalto in modo naturale.

Fare un buon community management può significare, quindi, tenere sott’occhio ed eventualmente sfruttare numerosissimi contenuti. L’incentivo della condivisione da parte del brand, magari anche su più canali secondo un’ottica di media integration, permetterà alla community di espandersi e affezionarsi all’azienda, aumentandone la reach e quindi la propria presenza online.

Molti content creator, specialmente se supportati da un team, riescono a fare proprio questo. Un esempio particolarmente efficace, che dimostra anche il divertimento genuino che può nascere da questa attività, sono i canali YouTube di RichardHTT e Fraffrog, specializzati in illustrazioni, grafica e design.

RichardHTT aka Riccardo Accattatis ha creato un’intera serie di video nei quali commenta e ridisegna le opere dei suoi fan, rielaborandoli secondo il suo stile. Usando il tag creato appositamente, Riccardo raccoglie quindi gli UGC per il suo video e intanto coinvolge e interagisce con il suo pubblico. Qualcosa di simile avviene con le live che fa con Francesca Presentini, in arte Fraffrog: i due Youtuber si sfidano con challenge a tema i cui imprevisti vengono decisi dalla community secondo le proposte fatte dall’assistente e community manager, che di fatto tiene d’occhio la chat costantemente e dà input agli utenti per movimentare la live e tenere viva l’attenzione e lo scambio di messaggi con i due creator e gli altri partecipanti.

Fidelizzare, educare e supportare i clienti

Avere una community ben strutturata e seguita significa anche riuscire a creare un senso di appartenenza in chi ne fa parte: l’uomo ha da sempre la necessità di unirsi a un gruppo e le community offrono proprio questo tipo di esperienza, grazie a contenuti esclusivi, gamification e premi che possono favorire la fidelizzazione e il coinvolgimento in attività che possono tornare utili anche all’ufficio marketing.

Questo richiede certamente una serie di regole da rispettare, soprattutto con un occhio di riguardo per concetti e ideali come l’inclusività, oggi sempre più presente nelle campagne marketing.

Se si riesce a formare un ambiente sicuro per tutti gli utenti, il brand potrà comunicare in modo diretto e bidirezionale con i clienti attraverso diversi strumenti e opportunità, per esempio: una knowledge base di articoli, guide e tutorial; una sezione di FAQ completa e aggiornata; il supporto peer-to-peer, incoraggiando gli utenti a confrontarsi tra loro; e infine il monitoraggio costante dei canali pubblici, per identificare e risolvere tempestivamente eventuali problemi o insoddisfazioni dei clienti. Quest’ultima opzione ha il vantaggio di alleggerire il carico sul customer support tradizionale e aumenta la soddisfazione generale una volta gestita correttamente una crisi o commenti sgraditi fatti da troll o account fake.

Ottenere lead e insight preziosi sui clienti per aumentare la customer satisfaction

La soddisfazione dei clienti, inoltre, passa proprio dall’ascolto e dall’analisi delle conversazioni: monitorare le conversazioni all’interno della community ma anche al di fuori, tramite social listening e monitoring su piattaforme apposite (Brandwatch, Talkwalker, Mention, Hootsuite, Google Trends, Answer the Public), permette di identificare trend, opinioni ricorrenti e pain point dei clienti e così di comprendere meglio le loro esigenze e desideri, indirizzando di conseguenza lo sviluppo di prodotti, servizi e strategie di marketing.

Uno strumento sempre valido sono i sondaggi e le recensioni: insieme ai commenti, ai DM e alle email, il feedback diretto (e anonimo) dei clienti aiuta a migliorare l’esperienza del cliente e a risolvere eventuali problemi in modo rapido e tempestivo. Anche i lead magnet, oltre a servire alla fidelizzazione, aiutano a raccogliere i dati di coloro che ancora non sono diventati clienti, pur seguendo il brand con interesse.

Insieme alle attività di marketing, come A/B testing, segmentazione, landing page dedicate, call to action mirate, la community può così contribuire indirettamente alla propria crescita.

VeraLab, famoso brand nostrano di skincare e make-up, in anticipo per il Black Friday dell’anno scorso ha coinvolto la community per testare la forza del proprio server, scoprendo che effettivamente era necessario compiere ulteriori preparativi in vista del giorno fatidico. La community dunque è stata resa partecipe del successo del brand in un momento critico e fondamentale dell’anno, per poi essere premiata con un accesso preferenziale insieme agli sconti già previsti. Quando l’unione fa la forza, il risultato è che tutti ne escono soddisfatti.

Partnership e advocacy

Tramite la community, è possibile anche identificare influencer e partner in target con essa e il brand. Se c’è corrispondenza di valori e intenti e una scelta oculata che tenga conto di fattori più importanti delle vanity metrics, come la reputazione e la forza comunicativa, le collaborazioni mirate possono dare un’ulteriore spinta al coinvolgimento del pubblico, alla brand awareness e alla credibilità generale dell’azienda e del suo prodotto.

Sarà proprio la community a dare il supporto maggiore, in questi casi, specialmente in occasione di eventi e attività offline dove si potranno organizzare azioni di advocacy e constatare i frutti del lavoro del community manager.

ATTIVITÀ E COMPETENZE DI UN BUON COMMUNITY MANAGER

Le fasi di lavoro di un community manager, come immaginabile dai vantaggi che ne derivano, sono diverse e possono richiedere più tempo e talvolta intersecarsi fra loro:

  1. Definizione degli obiettivi: consiste nel delineare gli obiettivi che si intendono raggiungere con la community. Si tratta di aumentare la brand awareness, fidelizzare i clienti, generare lead o altro ancora?
  2. Creazione della community: scegliendo la piattaforma più adatta (sezione privata di un sito web, social media, gruppi privati, canali Telegram…) e definendo le regole e i valori che la animeranno.
  3. Content curation: creazione e condivisione di contenuti di valore per attirare e coinvolgere gli utenti.
  4. Moderazione e animazione: interazione con i membri della community, risposta alle domande e gestione delle discussioni, pubbliche e private.
  5. Analisi e misurazione: monitoraggio per valutare l’andamento della community e l’efficacia delle azioni intraprese.

Le competenze, allo stesso modo, sono trasversali e soprattutto appartenenti alle soft skills che ormai molte aziende ricercano:

  • Ottime capacità di comunicazione, per gestire qualsiasi commento o richiesta nei toni del brand ma anche nel rispetto delle regole prestabilite
  • Comprensione del pubblico di riferimento, per attirare e coinvolgere chi davvero desidera farne parte
  • Capacità di creare contenuti che interessino e connettano il pubblico al brand
  • Abilità di moderazione e gestione della community, quindi organizzazione e celerità per cogliere e risolvere per tempo crisi o cavalcare un’ondata di interazioni positiva
  • Uso di strumenti adeguati, di cui è necessaria una buona conoscenza, che siano i social media con le loro feature specifiche, piattaforme di social listening o software per la gestione pratica della community.

CONCLUSIONE

Le community online non sono semplici aggregati di persone, ma veri e propri ecosistemi di valore in cui si condividono idee, esperienze e passioni. In un mondo digitale sempre più frammentato, le community assumono un ruolo fondamentale per costruire realtà autentiche e durature, generando benefici tangibili per tutti gli attori coinvolti.

La chiave è nella cura costante e nella dedizione e bisogna tenere presente che, a volte, questo ruolo dovrebbe essere ricoperto da una persona diversa dal social media manager: una grande community richiede ovviamente una gestione più impegnativa e rigorosa. Un buon community manager deve essere un abile comunicatore e un moderatore attento, consapevole della forza propulsiva che le community rivestono per il futuro del marketing e della comunicazione.