Invitato dall’AISM – Associazione Italiana per lo Sviluppo del Marketing – a redigere un articolo sui social media sulla rivista Touchpoint, ho riflettuto un po’ sul tema che avrei voluto affrontare e mi è venuta in mente la canzone degli AC/DC “Hell Ain’t a Bad Place to Be” per via dell’affinità che i Social Media possono avere con il vissuto in cui alcuni vedono questo nuovo modo di essere-fare-pensare come un nuovo inferno, pieno di odio, millantatori e deviazioni di ogni tipo.

In realtà non è così, o almeno lo penso io che vedo sempre il bicchiere mezzo pieno: i Social Media non sono un brutto posto dove stare. E per noi, che ci occupiamo di marketing e comunicazione, è di conseguenza un buon luogo dove esercitare il nostro mestiere.

Tenuto in considerazione che Internet è stato creato con l’intento di connettere e condividere, i suoi creatori possono ritenersi più che soddisfatti per l’alto numero di utenti che utilizzano tale infrastruttura, la quale ha generato, conseguentemente a un uso così capillare, una serie di elementi di rottura con i sistemi tradizionali, consegnando così alle persone una nuova “percezione” del mondo.

Gli elementi di disruption del tradizionale modo di essere-fare-pensare sono diversi: modelli di business, modalità di viaggiare, acquistare, divertirsi, fare amicizia. Quello, che a mio giudizio, interessa di più è comunque la presa di coscienza degli utenti, che “virtualmente” si ritengono tutti uguali, e la capacità degli stessi di produrre contenuti, non sentendosi da meno rispetto ad altri.

Tutto questo si è tradotto nei fenomeni della democratizzazione e della disintermediazione digitale. La democratizzazione digitale ha permesso a chiunque di dialogare con il presidente di uno stato, con un’amministrazione pubblica, con un’azienda, con la propria squadra del cuore. Gli utenti, clienti-cittadini, forti della convinzione che Internet, il web, i social network siano neutrali, che siano di tutti e di nessuno, e che pertanto non sia più necessaria alcuna intermediazione, hanno dato vita alla disintermediazione digitale.

In questo vissuto, chi si occupa del nostro mestiere può usare diversi mezzi per arrivare al proprio target. Ma uno su tutti è quello che ha riscosso più successo: il video marketing.

E poi di questo ho parlato nell’articolo pubblicato sul numero di febbraio di Touchpoint Magazine.

Ho descritto quel che penso del video marketing, che è considerato il futuro (da anni oramai è “il prossimo sarà l’anno dei video”­) non riflettendo che, in realtà, l’anno dei video lo abbiamo già da oltre 60 anni.

Certo, fin dalla fine degli anni ’50, quando il video marketing ha fatto l’irruzione nelle case degli italiani, prima con il Carosello e successivamente con gli spot, non era proprio il video marketing di oggi, ma la riflessione è che coloro che vengono da un sistema più tradizionale hanno riportato la propria esperienza nel digitale. Questo pone ancor di più l’accento sul fatto che l’infrastruttura del nostro vissuto virtuale si poggia su una vita già sperimentata e ben consolidata nel reale, e per questo che i social media non sono poi un brutto posto dove stare, vivere, passarci ore.

Certo, la vita immersiva davanti alla TV non è mai stata così intensa come quella odierna, che porta ad avere uno smartphone sempre con sé, ma di certo è stata, a suo tempo, un passaggio generazionale fondamentale per arrivare allo status odierno.

Chi conosce la storia della pubblicità televisiva sa che la SIPRA esercitava una governance molto forte su chi poteva permettersi una promozione in tale media e successivamente Pubblitalia non fu da meno, tanto che l’Auditel nasce come intento comune di gestire tale modalità di advertising, a discapito delle televisioni locali, entrate solo successivamente nel sistema di monitoraggio.

I modelli attuali, al contrario dei vecchi televisivi, hanno portato una disruption in questo modo di agire perché la democratizzazione del digitale ha portato i grandi player pubblicitari online a pensare in termini popolari, tanto che chiunque oggi può permettersi di pagare una sponsorizzazione nei social media. E qual è il miglior contenuto da sponsorizzare se non quello video? Ecco, quando si parla che il futuro del marketing è il video, spesso si sottovaluta che il vero elemento di rottura e innovazione non è di certo il media stesso, ma la possibilità per tutti di poter fruire del mezzo pubblicitario anche con un piccolo budget. E ciò è possibile anche senza avere un vero video da promuovere realizzato da una pur minima troupe, ma utilizzando un semplice clip di alcune slide messe in movimento dalle moderne piattaforme di video editing, anch’esse a basso costo e facili da utilizzare.

I risultati in termini di ROI ci sono, ma non perché lo dice chi vende la pubblicità (sarebbe troppo facile), ma perché lo dicono i risultati che, al contrario, del video marketing tradizionale, sono sempre monitorabili e basati anche sui comportamenti di tutti gli utenti come per esempio i clic, al di dispetto del sistema Auditel, che è basato esclusivamente sugli “ascolti” e su di un pubblico campione.

Il video marketing si erge così al miglior modo di promuovere la propria azienda nei social media, ma come si può comprendere non è di certo il metodo più innovativo, in quanto è basato su vecchi e consolidati comportamenti dell’utente che tende a soffermarsi, con naturalezza, su immagini in movimento, segnando invece il passo all’innovazione data dalla democratizzazione delle opportunità.

Enzo Rimedio

Di Enzo Rimedio

Esperto in comunicazione digitale, giornalista, associato FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana), PRSA (Public Relations Society of America), AISM (Associazione Italiana Sviluppo Marketing), SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori). Autore del libro “Digital PR”. Mi occupo di consulenza strategica e di innovazione, digital PR, digital marketing, media relations, media intelligence, web reputation, digital content. Racconto le mie esperienze nel blog SOS Digital PR. Sono responsabile della comunicazione digitale di Miss Italia e ricopro ruoli analoghi per diverse altre aziende. Ho fondato Digitalk PR, studio specializzato in digital communication, e sono partner di alcune agenzie di comunicazione e media intelligence. Insegno, e ho insegnato, in scuole di specializzazione e università. Sono personal consultant di blogger e social influencer. Negli ultimi anni ho presenziato in qualità di speaker ai seguenti eventi: Social Media Summit, Digital Innovation Days, IAB Forum, SMAU, Forum della Comunicazione, Deegito, Social Media Strategies, FERPI conference, Assemblea Annuale ANCI.