Intervista a Enzo Rimedio a cura di Class CNBC - SOS Digital PRIntervista a Enzo Rimedio a cura di Class CNBC - SOS Digital PR

Le Digital PR possono essere utilizzate nel periodo post pandemico? Certamente, ma come?

Possono essere utili nei settori del turismo e degli eventi?

Ne ho parlato su Class CNBC, canale 507 di Sky, all’interno del format “Marketing Media & Money”.

Potete vedere qui il video, oppure leggere sotto l’intervista.

A voi la scelta

 

Enzo, tu sei un esperto in comunicazione digitale, sei un giornalista, hai un tuo blog, “SOS Digital PR” e, ovviamente grazie alle tue esperienze, hai scritto il libro “Digital PR”. Inoltre, ti occupi della comunicazione di un evento molto importante a livello nazionale, ovvero Miss Italia. In altre parole, chi meglio di te conosce il mondo della comunicazione. Partiamo, però, dal cercare di capire che cosa è cambiato con la pandemia. Quanto sono cambiate le aziende e i consumatori rispetto a prima?

Personalmente, il mondo digitale non lo trovo cambiato particolarmente. Negli ultimi diciotto mesi non ho visto soluzioni innovative che non c’erano già prima. Altresì, posso dire che l’incremento dell’essere online da parte degli utenti ha forzato in qualche maniera le aziende, in particolare quelle di un certo livello, nell’adottare una serie di strategie di comunicazione sempre più complesse. In un certo senso, la situazione che abbiamo vissuto ha portato ad alzare l’asticella di coloro che lavorano in questo settore in modo da consegnare soluzioni sempre più performanti ai clienti.

Nel tuo libro racconti l’importanza delle persone nelle relazioni digitali. Con il digitale abbiamo visto che le relazioni sono cambiate, però tu sostieni che è importante mantenere anche l’aspetto tradizionale di queste, che nel marketing è molto importante, giusto?

In particolare, nel titolo del libro nella parola PR la P è elevata al quadrato e vuole testimoniare un po’ il passaggio epocale dalle public alle people relations. Chiunque si occupi di questo mestiere, delle public relations, si rapporta necessariamente con professionisti, come giornalisti, blogger, influencer, ma anche chi viene dal mondo della comunicazione interna, che parla con i sindacati, oppure chi si occupa di public affairs, che si relaziona con i sottosegretari. Chiunque svolga questo tipo di mestiere è interessato al pubblico che hanno questi intermediari, con il quale però non interagisce direttamente.

Invece, con la disintermediazione e la democratizzazione digitale cambia un po’ il paradigma perché tutti siamo alla pari e tutti possiamo dialogare con il presidente di uno stato, un’azienda, un’ASL o un giornalista. Cambiando questo paradigma, quindi, il comunicatore non deve soltanto parlare con un intermediario per raggiungere un certo pubblico, ma deve necessariamente approcciarsi attraverso nuove tecniche direttamente con lo stesso, quindi direttamente con le persone. Da qui questo passaggio epocale, che c’è già da qualche anno, tra le public e le people relations.

Prima della pandemia i social c’erano già e le aziende li utilizzavano già per comunicare, pensiamo all’influencer marketing e agli ambassador. Da questo punto di vista, che idea ti sei fatto? Anche nel futuro continuerà a essere questa la strategia vincente o sarà necessario creare qualcosa di nuovo perché ormai è già utilizzata da tutti?

Come ho detto prima, non ho visto nulla di nuovo, c’è però tanto da ottimizzare. Quello che posso dire è che nel mondo del digital marketing si è traslato un po’ il meccanismo di fare la pubblicità per la TV, a farla per i social: faccio un video per Facebook e lo sponsorizzo.

Da questo punto di vista le persone si sono spostate da un media a un altro e noi ci siamo adeguati. Va bene così, va ovviamente fatto, ma si possono fare altre attività. Ci sono altri media, come per esempio i canali degli influencer, gli stessi giornali e i blog che rimangono comunque fermi nel loro status.

A questo proposito, ritengo che le digital PR, influencer marketing, blogger outreach e simili non siano ancora sfruttate appieno. Molto spesso, infatti, l’influencer marketing viene messo in parallelo con l’attività pubblicitaria. Per esempio, si ospita un influencer in un hotel, gli si consegna un libro, un prodotto qualsiasi e lui lo pubblicizza. In realtà, se inizialmente questo tipo di approccio poteva essere qualcosa di innovativo, da quando si è trasformato nella realizzazione dei veri e propri spot, ritengo che quella parte innovativa non ci sia più, tant’è vero che l’AGCM in Italia che, così come le altre agenzie all’estero, impegna gli influencer a dichiarare l’advertising.

Ci sono poi altre tecniche che spesso utilizzo, o che comunque enfatizzo, che sono quelle del tralasciare da parte questi intermediari, per quanto forti e importanti, e iniziare a utilizzare gli utenti come veicoli per l’attività di comunicazione. In particolare, utilizzo tre tecniche: il community management, quindi il presenziare in alcune comunità raccontando un determinato brand, lo user generated content, ovvero invitare l’utente a creare un tipo di contenuto che fa comodo, e infine quelli degli advocate, creando quindi piani di advocacy, che vanno molto di moda nel campo politico, ma che possono essere utilizzati con un buon successo anche in ambito aziendale. Riuscire a far in modo che il consumatore parli bene di noi vale molto più di qualsiasi influencer (non me ne vogliano gli influencer) perché in questo modo la testimonianza diventa veramente organica e assume quindi un valore inestimabile.

Come, dal punto di vista di un esperto della comunicazione, si potrebbe rilanciare il turismo? Per esempio, abbiamo visto che il Made in Italy è un trend che ha visto un’accelerazione forte e, soprattutto nell’ultimo periodo, tutti quanti siamo diventati molto più amanti del nostro Paese. Come si fa, però, a rilanciare il turismo anche nei confronti dell’estero?

A fine maggio ho partecipato a un evento internazionale, Social Media Summit, a Sharm el-Shaikh e mi sono reso conto che in particolare il mondo del turismo, nella parte delle digital PR e influencer marketing, è finanziato da hotel che giustamente cercano di far parlare di sé stessi.

A mio giudizio, però, non si utilizzano queste tecniche in maniera corretta: noi vediamo, ad esempio, un influencer che fa un bellissimo post, fa vedere un bellissimo panorama da un determinato hotel, ma il turismo è un’altra cosa, non è la promozione della location, bensì il racconto dal punto di vista delle bellezze naturali, artistiche, architettoniche, enogastronomiche e anche quelle civiche.

Tutti gli enti territoriali, al di là delle ottime iniziative per la promozione del proprio territorio che noto anche sui social media, ad esempio la Regione Sicilia hanno fatto delle ottime cose, però con una concezione un po’ tradizionale di questi strumenti. La maggior parte coinvolgono un testimonial e ne parlano soltanto sui loro canali, quando in realtà le digital PR e l’influencer marketing possono essere utilizzati da questi enti territoriali per far raccontare a terzi il proprio territorio. Poi, se si riesce a far raccontare il territorio da chi lo vive come turista, come normale utente, si raggiunge il massimo dei risultati perché, come già detto prima, se un utente racconta un’esperienza positiva, il suo racconto è molto più significativo rispetto a quello di una star.

Un altro settore che ha risentito molto della pandemia è quello degli eventi. Tu curi l’evento di Miss Italia, che sappiamo essere un evento molto importante e conosciuto nel nostro Paese. Da dove deve passare la comunicazione per cercare di dare risalto a questi eventi? Che cosa avete elaborato voi per la comunicazione dell’evento di Miss Italia?

Nel caso specifico di Miss Italia si tratta di un evento territoriale che prima di arrivare all’evento televisivo, che tutti conoscono, passa per tantissimi altri eventi a cui partecipano tra le otto e le diecimila ragazze. Nel 2020 tutta questa parte ovviamente non è stata fatta, sì e no sono stati fatti dieci o quindici eventi, per cui ovviamente una serie di cose l’abbiamo dovuta traslare online. La potenza degli eventi territoriali, però, è indubbiamente il territorio stesso e quindi, a mio giudizio, bisogna ritornare sulla piazza, e non parlo solo di Miss Italia, ma del settore nel complesso.

Tuttavia, ci sono stati diversi imprenditori di eventi che, dopo i primi 3/4 mesi di sconforto causato dal lockdown, hanno approfittando del fatto che ormai le persone stavano online, su Google Meet, Zoom, e altre piattaforme utilizzate per le riunioni aziendali, e hanno iniziato a ideare format completamente differenti per scoprire, alla fine di questi meeting e di questi eventi, che hanno raggiunto una copertura maggiore di prima e quindi hanno guadagnato di più in confronto agli stessi eventi onsite. Per questo motivo penso che, per quanto riguarda il miglioramento della comunicazione in questo settore, il modo migliore per approfittare di questo periodo poco felice, che comunque ci ha insegnato qualcosa, sia quello di fare in modo che più o meno tutti gli eventi, laddove sia possibile, che si tratti di un concerto o di un’opera teatrale, vengano organizzati in forma ibrida, in modo che tutte le persone, sia quelle che si sentono abbastanza sicure o comunque in grado di partecipare dal vivo, che quelle che preferiscono partecipare online, possano condividere la bellezza di un concerto rock. Farlo in modalità ibrida permetterà, inoltre, ai gestori degli eventi di avere un doppio incasso e scoprire negli anni che, tutto sommato, questa parte molto negativa di oggi ci ha insegnato a sfruttare l’online e l’onsite nella stessa maniera.

Hai anticipato la risposta all’ultima domanda che di solito faccio sempre, ovvero: “Che cosa di positivo il mondo di comunicazione si porta dietro da questo periodo?”. La tua risposta quindi è stata: “Riuscire a coniugare un qualcosa di nuovo che è il digitale mantenendo, per chi se la sente, per chi vuole, la fisicità dell’evento”.

Esatto! Per esempio, oggi si parla molto della formazione online, ma l’online e l’onsite esistono da circa 25 anni, eppure soltanto oggi il pubblico l’ha scoperto. Il blended secondo me nella comunicazione, in particolare degli eventi, visto che stiamo parlando di questo, potrebbe risolvere problemi anche in futuro lanciando mode e tendenze.

 

 

Di Enzo Rimedio

Esperto in comunicazione digitale, giornalista, associato FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana), PRSA (Public Relations Society of America), AISM (Associazione Italiana Sviluppo Marketing), SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori). Autore del libro “Digital PR”. Mi occupo di consulenza strategica e di innovazione, digital PR, digital marketing, media relations, media intelligence, web reputation, digital content. Racconto le mie esperienze nel blog SOS Digital PR. Sono responsabile della comunicazione digitale di Miss Italia e ricopro ruoli analoghi per diverse altre aziende. Ho fondato Digitalk PR, studio specializzato in digital communication, e sono partner di alcune agenzie di comunicazione e media intelligence. Insegno, e ho insegnato, in scuole di specializzazione e università. Sono personal consultant di blogger e social influencer. Negli ultimi anni ho presenziato in qualità di speaker ai seguenti eventi: Social Media Summit, Digital Innovation Days, IAB Forum, SMAU, Forum della Comunicazione, Deegito, Social Media Strategies, FERPI conference, Assemblea Annuale ANCI.